Revoca di un atto: differenza tra indennizzo e risarcimento?

Gli istituti giuridici  come l’indennizzo per mero ritardo e il risarcimento sono argomenti importanti che ci aiutano a comprendere quali tutele spettano al cittadino nei casi in cui la Pubblica Amministrazione revoca un provvedimento emanato, commette un errore o non rispetta i tempi.

Che cos’è l’indennizzo per danno emergente?

Come disciplinato dall’articolo 21 quinquies della legge 241 del 1990 la revoca è il potere della Pubblica Amministrazione di revocare un proprio atto quando l’interesse pubblico cambia o quando emergono nuove circostanze

Sulla base di questo potere di autotutela, occorre precisare che se la revoca legittima che causa danni diretti ai soggetti interessati, l’amministrazione è tenuta a indennizzare. In questo caso parliamo di un indennizzo per solo danno emergente. Ovvero il risarcimento per le sole perdite economiche che sono state effettivamente subite. 

L’indennizzo non è una forma di risarcimento che si basa su un provvedimento illegittimo commesso dalla PA, infatti questa attività  si basa su una valutazione di nuovi interessi pubblici e si limita a compensare i costi derivanti dalla revoca legittima. Il diritto all’indennizzo si prescrive in dieci anni.

Quando invece si parla di risarcimento del danno?

Diverso è il risarcimento del danno. Infatti se l’amministrazione utilizza l’istituto giuridico della revoca in modo illegittimo, il privato contraente potrà chiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla illegittimità della revoca, in quanto comprende il lucro cessante interessato al risarcimento del danno. 

L’attività amministrativa in questo caso è mossa da un atto illegittimo e il cittadino può chiedere sia il danno emergente, ovvero un danno patrimoniale e sia il lucro cessante, ovvero il mancato guadagno futuro. Il risarcimento si prescrive in cinque anni come ogni illecito civile. 

Un esempio pratico

Immaginiamo un imprenditore che ottiene un permesso edilizio per la costruzione di un edificio. Inizia i lavori, come stabilito nel permesso, acquistando materiali e assumendo del personale. Ipotizziamo che nel garantire il pubblico interesse, la Pubblica Amministrazione modifica la decisione precedente e revocando l’atto.

In questo caso essendo che l’atto ha provocato effetti, l’imprenditore ha diritto ad un indennizzo per le spese sostenute (per l’acquisto del personale e per l’assunzione del personale). 

Si parla di risarcimento del danno che copre sia il danno emergente, ovvero le spese sostenute, e sia il danno per lucro cessante, inteso come il guadagno futuro, se la revoca si basa su un atto illegittimo e ingiustificato.

L’inadempienza e l’indennizzo da mero ritardo

Un altro tipo di indennizzo è quello previsto per il mero ritardo della Pubblica Amministrazione nel concludere un procedimento. 

Qui la legge tutela il cittadino anche se non c’è un danno effettivo. Infatti, se l’amministrazione supera i tempi stabiliti nel concludere il procedimento deve indennizzare l’interessato. In particolare, l’indennizzo da mero ritardo è di trenta euro per ogni giorno oltre il termine con un massimo di duemila euro.  

Per ottenerlo, il cittadino deve attivare il potere sostitutivo e cioè chiedere a un altro funzionario di concludere il procedimento. La richiesta va fatta entro venti giorni dalla scadenza del termine.  Se ci sono più amministrazioni coinvolte la domanda si presenta a quella principale.

Occorre distinguere che  le conseguenze per la mancata conclusione del procedimento comporta due azioni concorrenti tra loro, una avente ad oggetto il risarcimento del danno vero e proprio e l’altra relativa all’indennizzo per il “mero” ritardo. 

Per procedere al risarcimento del danno vero e proprio il cittadino deve dimostrare che il comportamento illegittimo della PA ha provocato un danno ingiusto e deve presentare richiesta di risarcimento al giudice amministrativo (TAR). La seconda via richiama una violazione della normativa da parte della PA per il non rispetto dei termini di conclusione del procedimento. 

Il risarcimento dopo l’annullamento d’ufficio

Quando la Pubblica Amministrazione annulla un proprio atto perché è illegittimo il cittadino può chiedere un risarcimento ma solo se aveva davvero diritto al bene della vita collegato a quel provvedimento. 

La giurisprudenza, come chiarito dal Consiglio di Stato, precisa che il cittadino deve avere un interesse legittimo qualificato e un affidamento ragionevole nel provvedimento poi annullato.

Come distinguere i tre casi principali?

L’indennizzo in caso di revoca legittima copre solo il danno emergente e si prescrive in dieci anni. Mentre il risarcimento in caso di revoca illegittima o comportamento scorretto da parte della PA comporta un risarcimento per danno emergente e lucro cessante e si prescrive in cinque anni. 

Si differenzia l’indennizzo da mero ritardo che si ottiene quando non vengono rispettati  i tempi per la conclusione di un provvedimento ed è automatico e non richiede la prova del danno, se ci fossere devono essere dimostrati.

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