Il silenzio inadempimento della PA: una Sentenza come esempio pratico

Un aspetto giuridico fondamentale  nei rapporti che nascono tra amministrazioni pubbliche e cittadini è il silenzio della Pubblica Amministrazione (PA). La normativa di riferimento è la Legge 241/1990, che regola il procedimento amministrativo, in quanto prevede che ogni istanza presentata da un cittadino debba ricevere una risposta entro dei tempi precisi.

Nei casi in cui la norma stabilisce che la PA deve emettere il provvedimento finale, e questo non avviene, tale inadempimento si configura in termini giuridici come silenzio-inadempimento

In questo articolo prendere come esempio una sentenza del TAR Lazio che argomenta un caso specifico in riferimento al silenzio inadempimento da parte del Ministero dell’Istruzione.

La sentenza spiegata in breve

La decisione del TAR, sezione quinta bis del registro generale 6097 del 2025, ci fa capire la tutela giurisdizionale contro l’inerzia della PA, in quanto è la stessa norma a stabilire che il silenzio assenso non può essere applicato. Ciò sta ad indicare che è la stessa norma a tutelare i cittadini che sono in attesa di una risposta da parte delle amministrazioni.

Infatti, nel 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha accolto il ricorso di una docente, che aveva chiesto al Ministero dell’Istruzione e del Merito il riconoscimento di un titolo di specializzazione per il sostegno conseguito in Spagna.

La richiesta da parte dell’interessata è stata presentata il 9 gennaio 2025 e il Ministero non ha fornito alcuna risposta, né ha richiesto utleriori integrazioni. Il TAR ha riconosciuto l’illegittimità del silenzio, poiché sono trascorsi i termini massimi previsti dalla normativa di riferimento. 

Sono queste le ragioni che hanno portato il Ministero a concludere il procedimento entro 120 giorni dalla notifica della sentenza e, in caso di ulteriore inadempienza, è stato nominato un commissario ad acta per sostituire l’organo inadempiente.

Quali sono i termini cui la PA deve rispondere?

La Legge 241/1990, essendo una norma generale, prevede un termine di 30 giorni entro cui la PA deve concludere il procedimento, salvo che norme specifiche stabiliscono tempi ben precisi.

Nel caso in questione, infatti, per il riconoscimento dei titoli esteri, il D.Lgs. 206/2007 (che recepisce la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali) stabilisce due termini:

• 30 giorni per verificare la completezza della documentazione;

• 3 mesi (dalla ricezione della documentazione completa) per adottare un provvedimento espresso però sul riconoscimento delle qualifiche professionali.  

L’inadempimento e il risarcimento per il mero ritardo

Nel caso in esame, il Tar ha emesso la sentenza stabilendo il silenzio-inadempimento da parte del Ministero. La ricorrente, inoltre, aveva anche chiesto un risarcimento danni per mero ritardo da parte della PA. Il Tar ha risposto che la richiesta è stata formulata in modo del tutto generico, senza la dimostrazione del quantum, ovvero del danno subito.

In particolare specifica che, oltre al consolidato orientamento del giudice amministrativo, per cui la pretesa risarcitoria relativa al danno da ritardo fa riferimento all’art. 2043 c.c., con applicazione rigorosa del principio dell’onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda e del principio dispositivo ex art. 2697, comma 1, del codice civile che stabilisce il “principio dell’onere della prova” , cioè che chi vuole far valere un diritto deve provarne i fatti.

Tuttavia, il TAR ha respinto la richiesta, spiegando che per ottenere l’indennizzo bisogna provare sia l’esistenza del danno (“an”) sia l’entità del danno (“quantum”). Per maggiori approfondimenti ecco un articolo sulla differenza tra indennizzo per mero ritardo e risarcimento per danno ingiusto.

Share the Post:

Related Posts